Presentiamo una breve recensione del libro “L’idea di socialismo. Un sogno necessario“, edito nella versione italiana da Feltrinelli, il cui autore è Axel Honneth, filosofo allievo della scuola di Francoforte. Il suo contributo e la sua analisi si inseriscono nel dibattito sull’evoluzione della società e dei meccanismi di rappresentazione, all’interno della comunicazione pubblica. Il libro, che si struttura in tre parti, ciascuna delle quali ha come obiettivo quello di ricostruire le intuizioni originarie dell’idea di socialismo in maniera critica, si propone di riattualizzare le proposizioni del socialismo e di restituire la speranza e l’ottimismo che ne fanno ancora oggi un “sogno necessario“.
I parte: idea originaria di socialismo.
Nella prima parte Honneth intende ritracciare il contesto storico e intellettuale in cui il primo socialismo (quello di Blanc e di Proudhon) affonda le sue radici, l’esperienza cioè della Rivoluzione francese. Questo socialismo ha come obiettivo di risolvere la contraddizione interna ai principi della Rivoluzione francese e alla loro applicazione: in questo senso, l’obiettivo dell’azione fraterna appare non perseguibile dal momento che l’altro obiettivo, la libertà, è concepito in maniera individualistica, all’insegna cioè di un egoismo privato, riflesso dei rapporti instaurati dal mercato capitalistico. La coincidenza del principio della libertà con la realizzazione di un egoismo privato permette al socialismo del XIX secolo di identificare nel modello economico capitalistico il principale elemento di contraddittorietà dei principi in questione. Il socialismo contropropone quindi un modello di società in cui libertà e solidarietà possano coincidere, nel quale cioè il singolo individuo possa giungere al pieno compimento della libertà solo attraverso una forma di cooperazione con gli altri individui. Tuttavia, tale società in cui i soggetti agiscano l’uno-per-l’altro e non l’uno-con-l’altro necessita della interconnessione degli obiettivi degli individui, per raggiungere i quali essi devono tutti assumerli come fine della propria azione. E questo è ciò che differenzia il suddetto modello sociale da quello caratteristico delle società di mercato, in cui la “mano invisibile” che permette la realizzazione degli obiettivi degli altri è una conseguenza contingente delle azioni del singolo individuo, che agisce, per definizione, nel proprio personale interesse; laddove vi è interconnessione degli obiettivi invece il medesimo risultato è conseguenza necessaria delle finalità che l’individuo persegue intenzionalmente.
II parte: un socialismo astorico?
Honneth passa quindi ad analizzare il contesto storico in cui il primo socialismo si iscrive, che di fatto segna in maniera indelebile la prospettiva politica e storica del movimento. In primo luogo, il socialismo originario, collocando tutte le libertà nella sfera delle attività economiche, trascura la sfera della sovranità democratica e la priva della possibilità di rappresentare un aspetto della libertà. Questo avrebbe delineato una società socialista in cui la volontà comune e di autodeterminazione scompare, assorbita dai membri che vi partecipano tramite la collaborazione alla produzione cooperativa.
Inoltre, l’apporto di Marx risulta essenziale per la diffusione del progetto socialista, in quanto attribuisce le aspirazioni e le ambizioni enucleate dalla teoria socialista ad una classe sociale di cui si danno come già esistenti interessi e appetiti: il proletariato, nella analitica rappresentazione sociale e di classe che Marx ne fa, incarna perfettamente le ambizioni del suddetto progetto. Da questo momento, quindi, la dottrina socialista si trova legata alla necessità della presenza di un movimento sociale, il che spiega la crisi del socialismo in contesti in cui il proletariato rivoluzionario di fatto risulta assente (post-industrialismo?)
Infine, un altro elemento che denota l’incapacità del socialismo di figurarsi come modello alternativo al di fuori del contesto socio-politico cogente è la sua adesione al progressismo e alla processualità della storia umana, che considera i rapporti tra classi sociali come mera espressione di una necessità storica, che trascende la consapevolezza dell’appartenenza ad una determinata identità sociale.
III parte. Un nuovo socialismo. Compartecipazione all’interno di una totalità organica di intenti
Svelate le incertezze del socialismo circa la modalità migliore per istituire la libertà sociale all’interno della sfera economica, rimangono da individuare i canali di trasmissione di una nuova e rinnovata dottrina socialista. Honneth dà ampio spazio alla tesi di John Dewey, che sostiene la necessità di una maggiore comunicazione e di una partecipazione spontanea nel tentativo di farsi interpreti delle rivendicazioni sociali e di restituire quindi al socialismo il suo obiettivo originario. Ciò potrebbe avvenire soltanto superando il binomio società/economia e rielaborando i diritti fondamentali dell’individuo, all’interno della complessità delle relazioni sociali della società contemporanea. In questo senso, la tesi sostenuta propone di indagare sulla interdipendenza delle relazioni personali, dell’agire economico e della volontà democratica, in modo che queste tre sfere possano in un futuro definire una totalità organica, il cui modo di funzionamento sia cooperativo e garantisca una libertà sociale.
L’internazionalizzazione di questo socialismo dovrebbe avvenire tramite una comunicazione diffusa tra i vari attori interessati, cioè su una scala globale, nella forma di una dottrina politica, e su una scala locale, nella forma di un movimento etico, culturalmente coinvolto, che agisca per eliminare ogni forma di coercizione personale. In breve, una società sociale “nel senso forte del termine“, come afferma Honneth, è possibile solo tramite una compartecipazione che risponda ai bisogni di intimità fisica ed emotiva, di indipendenza economica e di autodeterminazione politica di tutti gli individui, unici attori di questo processo.